“Nei primi giorni di febbraio i direttivi delle due principali banche centrali mondiali, ossia la Fed negli Usa la Bce nell’euro area (Ea), si riuniranno per assumere cruciali decisioni di politica monetaria. I processi di eccessiva inflazione, che hanno investito le due economie, hanno avuto origini e dinamiche temporali diverse”.
“Negli ultimi mesi, vi sono stati però segnali di rallentamento delle dinamiche inflazionistiche e di moderato indebolimento della crescita macroeconomica in ambedue le aree”.
Lo sostiene in un suo intervento l’economista Marcello Messori.
“Pertanto, il ‘consenso’ fra gli investitori finanziari è che la Fed attenuerà la sua lunga serie di incrementi nei tassi di interesse di policy, limitandosi a un rialzo di 25 punti-base; e che, pur accusando ritardi temporali e quantitativi nelle restrizioni monetarie rispetto alla Fed, la Bce finirà per accodarsi”.
“I fattori di incertezza, che pesano sull’economia internazionale, continuano ad essere così pervasivi da rendere temeraria qualsiasi previsione. Vari indizi suggeriscono, però, che gli investitori finanziari pecchino di eccessivo ottimismo” scrive l’economista dalle colonne del magazine digitale Inpiù.net.
“Ciò vale, soprattutto, per l’euro area. La Bce ha riscontri meno rassicuranti della Fed rispetto a vari fattori: la dinamica dei tassi di inflazione ‘core’, l’ancoraggio delle aspettative degli operatori economici alla stabilità dei prezzi nel medio-lungo periodo, l’efficacia degli aumenti dei tassi già realizzati anche rispetto alle politiche fiscali nazionali, gli spazi effettivi di riduzione della liquidità da immettere nei sistemi economici nazionali”.
“Questi fattori dipendono dal fatto che, nell’euro area, gli eccessivi aumenti dei prezzi sono stati originati da strozzature dal lato dell’offerta e che, pertanto, un’efficace politica monetaria anti-inflazionistica richiede politiche molto restrittive”.
“Di conseguenza, la Bce non andrebbe lasciata sola nel contrasto dell’inflazione: la politica fiscale europea dovrebbe sostenere l’offerta aggregata. In mancanza di tali interventi fiscali, la Bce sarebbe condannata ad aumenti severi dei propri tassi di interesse.
Data la deludente risposta fiscale europea finora attuata, la mia previsione contrasta quindi con quella di mercato: la Bce innalzerà di 50 punti base i tassi di policy”.
Fonte: www.ripartelitalia.it